Borgo Po e la Gran Madre

Sarà capitato a tanti torinesi, ai turisti e ai bambini curiosi di stare incollati al finestrino dell’aereo quando si sta per atterrare a Caselle. La maggior parte dei voli diretti nella nostra città sorvola Torino e compie una curva proprio in corrispondenza delle nostre colline. Si vede il Po, subito, che curva tranquillo tra due sponde di verde. Da un lato c’è il Parco del Valentino, dall’alto la collina. Dall’aereo lo sguardo riconosce facilmente Superga e subito sotto la Gran Madre, il Monte dei Cappuccini, Villa della Regina. Tre gioielli per una città.

Non è necessario stare su un aereo per assaporare la bellezza di questo lato della città: si può dedicare alla collina un’intera giornata, semplicemente passeggiando su e giù per le sue vie eleganti, lasciando che i pensieri si facciano cullare dall’inconfondibile stile liberty dei palazzi e delle ville, e giocando a far correre gli occhi su e giù verso prospettive e scorci di impareggiabile fascino. Tutti tinti di verde se è estate, arancione e giallo se è autunno, bianco se è inverno. Sempre consapevoli di un fatto, a volte sottovalutato: anche se sono tanti i torinesi che attraversano questo lato della città solo per scorrere veloci su corso Casale e corso Moncalieri, si potrebbe mai immaginare Torino senza il Borgo Po e i suoi gioielli architettonici?

La risposta è semplicemente no! Si arriva alla Gran Madre, il piccolo pantheon di Torino, dal ponte Vittorio Emanuele I, che collega piazza Vittorio Veneto alla collina. Si arriva qui dando le spalle alla città e ci si immerge in un attimo in un’atmosfera completamente diversa, più signorile da un lato e più pacifica dall’altro. Una volta attraversato il ponte e il trafficato incrocio, la passeggiata inizia subito con una sosta: il sagrato della chiesa. Il luogo da dove Torino ha un’altra faccia: basta infatti girarsi verso piazza Vittorio per cogliere l’aspetto regale della città, l’inconfondibile ed elegante tocco francese. È infatti alla Francia di Napoleone e a Vittorio Emanuele I che si deve la costruzione dell’impianto originario della zona: il primo fece costruire il ponte (che infatti inizialmente portava il suo nome), ponendo fine ai problemi di attraversamento del fiume che affliggevano la città nel Settecento. Il secondo, proprio per volontà di riprendere possesso della città dopo l’occupazione francese, fece progettare piazza della Gran Madre e la chiesa omonima, tentando di rivaleggiare in grandiosità e imponenza con l’era napoleonica. È per questa ragione che sulla facciata della Gran Madre troneggia la scritta ORDO POPVLVSQVE TAVRINVS OB ADVENTVM REGIS (La nobiltà e il popolo di Torino per il ritorno del Re). Il progetto urbanistico sabaudo, infatti, prevedeva la costruzione di lussuosi edifici tutto intorno alla chiesa, incastonati da un lungo ed elegante porticato. Il progetto non andò in porto per via dei suoi elevati costi ma la veduta ideale della città è pervenuta fino a noi in un quadro di Carlo Bossoli conservato alla GAM di Torino e intitolato proprio Veduta ideale delle sponde del Po.

Alcuni segni di quel progetto, tuttavia, sono arrivati fino a noi: un numero discreto di pregiate colonne rosate, inizialmente costruite per il porticato, sono incastonate negli edifici vicino alla chiesa e la Gran Madre stessa, insieme alla splendida piazza Vittorio Veneto, è diventata il principale destinatario delle risorse economiche stanziate allora, diventando nei secoli uno dei principali simboli della città. Un simbolo sacro e profano insieme. Se da un lato, infatti, la chiesa rappresenta attraverso le sue statue e la sua architettura gli inconfondibili valori della fede e della religione (le statue sul sagrato, realizzate dallo scultore Chelli, si chiamano proprio così, mentre i quattro bassorilievi interni raffigurano le tappe fondamentali della vita di Maria, Natività, Presentazione al Tempio, Sposalizio, Incoronazione), dall’altro si dice che proprio da qui sia possibile mettersi sulle tracce del Sacro Graal, seguendo la traiettoria dello sguardo della statua della Fede, proprio quella che innalza al cielo, stretta nella sua mano, una coppa dalle somiglianze inquietanti. Allo stesso modo, c’è una certa tradizione che fa risalire la costruzione originaria della chiesa all’antichità romana o addirittura egizia, sostenendo che proprio dove ora c’è la Gran Madre ci sarebbe stato un grande e importante tempio dedicato a Iside.

Dove si fermi la verità e dove inizi la leggenda è poco chiaro. Quello che senza dubbio non può essere messo in discussione è, tuttavia, l’atmosfera unica che la Gran Madre crea insieme agli altri due gioielli della zona: il Monte dei Cappuccini e Villa della Regina. Il primo, raggiungibile a piedi in soli quindici minuti dalla piazza da dove ora la passeggiata è ripresa, ospita un convento, il Museo della Montagna e una delle viste più spettacolari di Torino e dell’arco alpino che la abbraccia. La seconda, patrimonio mondiale dell’UNESCO, fa parte delle residenze sabaude ed è chiamata così perché ha ospitato le consorti di due Re di Sardegna, Anna Maria di Orléans e Maria Antonia Ferdinanda di Spagna. Dopo una ristrutturazione che l’ha resa ancora più bella e che si è conclusa da poco, la residenza colpisce per la meravigliosa struttura seicentesca e per i grandi giardini ad anfiteatro del retro.

Facendo tappa all’ormai conosciutissimo Gran Bar per una merenda o in uno dei ristoranti storici ai piedi della collina per un ristoro un po’ più sostanzioso, la passeggiata di Borgo Po, una volta esplorati i tre gioielli architettonici, continua su e giù per le vie silenziose e raffinate che portano nella parte più alta del territorio: strade come via Monferrato, via Lanfranchi, via Villa della Regina e via Santorre di Santarosa fanno paragonare Torino a Parigi e piazza della Gran Madre place Saint Michel. Contribuiscono senz’altro alla somiglianza parigina le ville e i palazzi residenziali, famosi per i prezzi d’acquisto stellari e i costosissimi sistemi d’antifurto, ma anche quell’aria romantica e un po’ misteriosa del reticolo urbano, ideale per chi ha bisogno di staccarsi dalla frenesia della città e andare alla ricerca di tesori nascosti.

Ogni terza domenica del mese piazza della Gran Madre ospita un mercatino vintage ormai noto da anni: organizzato dall’associazione Effetto Vintage, è una riunione di tradizione, sentimento e colore. Gli espositori sono una cinquantina e gli oggetti in vendita sono dei tipi più disparati: dai mobili antichi all’abbigliamento, dalla bigiotteria agli accessori più pregiati, il mercatino si sposa perfettamente con l’atmosfera del quartiere. È prezioso ma non pretenzioso, è centrale ma lontano dal clamore, è tradizionale ma vivace, è vissuto e non usato, esattamente come vuole la parola vintage. Tutte queste somiglianze hanno reso il mercatino un momento non solo di shopping ma anche di scambi umani “quasi letterari” (così li definiscono gli organizzatori), emozioni di antico stampo e scoperte interessanti.

Non è affatto un caso se una delle case editrici più importanti di Torino e una delle più tradizionali d’Italia abbia sede proprio in questa zona. Si tratta dell’Allemandi, editore specializzato in pubblicazioni museali e artistiche. Cataloghi di mostre, biografie di artisti, collane che raccontano le tendenze del design e dell’architettura degli ultimi secoli, approfondimenti di archeologia e collezionismo, profili di Torino e del Piemonte, antologie e racconti, tutto questo costituisce un catalogo unico e insostituibile nel panorama editoriale italiano e ben si sposa con l’eleganza e lo stile dello spazio in cui lavora la redazione.

Non è solo la Gran Madre a destare l’interesse dei più curiosi. Che il Sacro Graal sia proprio sotto la chiesa o ne indichi semplicemente la direzione, tutta la zona oggi raccolta sotto il nome Borgo Po è coinvolta nella Torino magica, quella particolare rappresentazione della nostra città che la vuole protagonista insieme a Lione e Praga (secondo una tradizione) o San Francisco e Londra (secondo un’altra tradizione) di alcune triangolazioni legate sia alla magia bianca che a quella nera. Se i particolari legati a questa rappresentazione possono essere incerti e dubbiosi, è invece una certezza il fatto che nella zona della Gran Madre si siano verificati eventi misteriosi: una leggenda vuole che nella prima pietra del pilone centrale del ponte Vittorio Emanuele I sia conservato un tesoro composto da 88 monete d’oro e un metro lineare d’argento, probabilmente messo qui dai francesi come commemorazione; un’altra, invece, parla di lingue di fuoco miracolose che nel 1640 protessero le ostie consacrate e il tabernacolo del convento dei Cappuccini durante un saccheggio di soldati; infine – ma questa non è affatto una leggenda – Dario Argento scelse proprio il convento di Villa Scott, in corso Lanza, per girare alcune riprese del famoso Profondo Rosso e la fece così diventare “la villa del bambino urlante”.

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